San Nicola non ha ancora digerito la frase shock della hostess Ryanair, proprio quella frase che ha fatto gridare allo scandalo e che ha danneggiato il turismo barese e pugliese più di uno tsunami.
Ora, però, mister Ryanair è proprio nei guai: secondo la procura di Bergamo il colosso dei cieli, che nell’aeroporto Karol Wojtyla di Bari-Palese ha ancora, nonostante tutto, uno dei più importanti scali del Sud Italia, avrebbe omesso il versamento dei contributi per aver assunto a Dublino 220 dipendenti di stanza a Orio al Serio assoggettandoli alla tassazione irlandese, che risulta essere più bassa di quella italiana, il 12% contro il 37% nostrano.
Per questo sono stati iscritti nel registro degli indagati Michael O’Leary, amministratore delegato della compagnia, e Juliusz Komorek, suo braccio destro per gli affari legali.
Lo stratagemma avrebbe portato alle casse dello Stato Italiano un danno di – almeno – 12 milioni di euro. Questa cifra, però, è stata stimata al ribasso: secondo gli ispettori della Polizia di Frontiera l’imponibile “evaso” sarebbe molto più consistente, con l’unico cavillo che non potrà più essere riscosso causa prescrizione.
La compagnia low-cost più famosa del web non ci sta e si difende, sostenendo che non spetta loro pagare tasse italiane poiché non hanno nella penisola una stabile organizzazione di servizio (e questo costringe gli utenti italiani a chiamare numeri esteri a cui risponde personale straniero o chiamare numeri a pagamento, portando le “spese di assistenza” a superare anche il costo stesso del singolo biglietto, n.d.r.) e i loro dipendenti lavorano su aerei irlandesi e non svolgono in Italia nessuna attività lavorativa.
Tuttavia nella realtà i dipendenti Ryanair, pur essendo lavoratori di diritto irlandese, lavorano in Italia, dove vivono (uno dei requisiti per l’assunzione è il domicilio entro un’ora dall’aeroporto bergamasco) e usufruiscono delle prestazioni sanitarie italiane. Quindi, secondo il pm e gli investigatori, la compagnia irlandese, a conoscenza dei fatti, oltre a pagare le tasse a Dublino avrebbe scaricato impropriamente i costi dell’assistenza sul sistema sanitario italiano, tutto rigorosamente a nostre spese.