Attualità

Eutanasia: il Crocevia Moralscientifico del terzo millenio

Francesco De Palo
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Non si discute di una manovrina da qualche miliardo, non della ridistribuzione del tesoretto, non di una campagna promozionale del made in Italy, ma di eutanasia, il crocevia moralscientifico del terzo millennio. Stiamo parlando della vita umana, di quella cosa meravigliosa che da sempre accade e che provoca emozioni, sensazioni, miracoli, e che va tutelata e protetta da scriteriate prese di posizione basate solo sull’anarchia del diritto e della morale. Per questo ci si aspetterebbe un po’ più di attenzione a riguardo, in primis dalla classe dirigente ed anche dai poteri legislativi. Fino ad oggi la preoccupante tendenza di alcune correnti di pensiero radical-liberalistiche di ragionare in modo egoistico, quasi che la vita umana fosse nostra e basta, aveva provocato dibattiti e scambi di vedute, fino a ieri. Poi ci si è messa anche la magistratura (vedi il caso di Eluana Englaro) ed ecco che il polverone sollevato merita innanzitutto di essere diradato, per addivenire poi ad una pacata ricostruzione del problema.
Il pluralismo dei valori che tanti invocano senza prevederne a fondo le conseguenze è un’arma a doppio taglio, perché investe ogni individuo di un potere assoluto della propria esistenza. La risposta l’ha magistralmente fornita l’Osservatore Romano quando riflette che “è inaccettabile il relativismo dei valori, soprattutto se questi riguardano la conservazione o meno della vita. Accettare, pure nel vuoto legislativo, una tale posizione significa orientare fatalmente il legislatore verso l’eutanasia. Di più: introdurre il concetto di pluralismo dei valori significa aprire una zona vuota dai confini non più tracciabili. Significherebbe attribuire appunto ad ognuno una potestà indeterminata sulla propria esistenza dalle conseguenze facilmente immaginabili, anche solo ragionando dal punto di vista etico".
Una zona vuota: sta tutta qui la chiave di lettura del problema, che rischia di tradursi in un caos non solo normativo ma soprattutto morale, più preoccupato della propria croce da portare che orientato ad una possibile soluzione. Nessuno infatti che abbia speso una parola per quel 17,4% di probabilità che esiste per quei pazienti affetti da uno stato di incoscienza giudicato ineluttabile di risvegliarsi. Il dato è stato anche al centro di un libro di Stefano Lorenzatto, dal titolo “Vita, morte e miracoli”, testimonianze di chi ha scelto di non arrendersi. Qui i casi di dolore si mescolano fluidamente a quelli legati alla speranza, dove nessuno ha il diritto di scrivere la parola fine, e tutti hanno il dovere di provare a salvare quella vita.
Il diritto alla vita è la prima forma di democrazia: se non lo si rispetta, non ci può essere democrazia. Quanto sarebbe utile rammentare questo dettato a chi quella vita la banalizza sempre di più.

sabato 3 Novembre 2007

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