Politica

Come nasce un partito

Fortunata Dell'Orzo
Da eleggere un Segretario Nazionale, 20 segretari regionali e 2400 costituenti
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Partito democratico: il riferimento alla "sinistra" americana, quella che fu di Kennedy e Clinton e che oggi vede protagonisti la furbissima Hillary e il "nero" (ma non troppo) Barak Obama è sempre stato chiaro e diretto. Dietro questa idea c’è da tempo Walter Veltroni, ex peter pan del pci, forse il primo comunista della generazione post berlingueriana ad essersi davvero misurato con i media e i nuovi media.

La necessità di questo nuovo soggetto politico, vissuto da più parti come una sorta di ineludibile palingenesi, una sorta di rinascita dopo il diluvio iniziato con il pantano di Tangentopoli e terminato con le farse di Beppe Grillo e di quei poveretti dei suoi seguaci, nasce (ed è bene non dimenticarlo mai) dalla trasformazione della rappresentanza politica italiana da proporzionale in maggioritaria. Trasformazione poi vanificata all’ultimo minuto della legislatura Berlusconi con una nuova legge elettorale che, forse in vista di una massiccia affermazione dell’Ulivo come coalizione, riportava indietro la pendola politica di una quindicina di anni con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti: una maggioranza appena stabile alla Camera e il filo del rasoio al Senato, con una distanza risibile fra i due schieramenti e conseguente instabilità, anche interna alla coalizione di Prodi che, per ora, governicchia.

L’idea del PD viene da lontano, da quando nasce l’Ulivo di Prodi, la coalizione di centro sinistra che intese superare il vecchio e ormai decotto pentapartito: non più alleanza strategica che potrebbe anche dissolversi al primo segnale di difficoltà, ma un progetto comune in cui tutte le forze fanno un passo indietro nela loro specificità identitaria e trovano una sintonia ideologica e programmatica unitaria.

Un’idea che, sia pur venga a fasi alterne anche al centro destra, per ora non si realizza per un motivo abbastanza semplice: lo strapotere elettorale di Forza Italia, che da sola costituisce più del 35 per cento di tutte le forze del centro destra. Di fatto il partito unico e il pensiero unico a destra c’è già ed è quello di Berlusconi cui ogni tanto fingono di opporsi i leghisti, o i neocon di Casini e Buttiglione o i post fascisti di Fini. Sotto l’ombrello di Silvio, in realtà ci stanno benissimo così come sono.

Due le forze che stanno per fondersi nel partito democratico, sostanzialmente: i DS di Fassino e i Margheritini: in soldoni, gli ex comunisti miglioristi (gli altri non ci sono stati, come Mussi o Angius); e gli ex democristiani "di sinistra" della Margherita (come Rosy Bindi per esempio). Ma questo non deve trarre in inganno, perchè sono ben cinque i candidati alla segreteria nazionale che guidano altrettante liste per i 2400 costituenti del partito.

Oltre a Veltroni, il primo a dichiarare la propria disponibilità a guidare il partito, sono infatti schierati la stessa Bindi e poi Letta, Adinolfi, Gavronsky. Tutte anime di centro sinistra con sfumature differenti quanto alle priorità e alle modalità. Ognuno dei candidati ha presentato il suo programma che, comunque si rifà in pieno al Manifesto del partito che, in attesa della Costituente, sta facendo da riferimento generale.

Tutti i documenti sono reperibili on line presso www.partitodemocratico.it

Ecco dunque le primarie: una consultazione elettorale non ufficiale, autorganizzata dall’Ulivo che sta per trasformarsi in Partito democratico  e che servrà sostanzialmente a due cose: a indicare il leader nazionale (che sarà poi il candidato premier alle prossime politiche) e ad eleggere gli organismi regionali che formeranno po, insieme ai delegati nazionali, i i 2400 della Costituente. Michele Emiliano si è schierato con Veltroni e con lui un po’ di assessori (De Caro, Abbaticchio, Rinella).

La cosa non è piaciuta, perchè il sindaco, se verrà suffragato, guiderà il partito in Puglia e si teme che possa trascurare i suoi doveri d primo cittadino.

Le liste sono state costruite in modo da garantire il 50 per cento dei posti alle donne che, almeno nella metà dei casi, sono anche capolista. Alle primarie, le seconde dopo quelle che dettero a Prodi quasi 4 milioni di voti indicandolo come premier nel 2005, potranno votare anche i sedicenni e gli stranieri con permesso di soggiorno. Votare costerà un euro: simbolo di indipendenza economica e di sostegno. Sono stati organizzati seggi in modo da consentire anche a chi abita in periferia di andare a votare.

Ripetiamo. questa è una consultazione non ufficiale, ma comunque un banco di prova per capire se davvero in Italia il linguaggio della politica può cambiare o se si tratta di ricaricare e rinnovare la funzione tradizionale dei partiti, istanze di democrazia contemplate dalla nostra Costituzione. E se la politica, diventando virtuale, possa al contempo divenire più virtuosa. (continua).

domenica 14 Ottobre 2007

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