Cultura

Ridateci il Museo Archeologico

Chiara Divella
Sarà il 2010 l'anno giusto per riprenderci il nostro passato?
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Nella Sala Giuseppina del Teatro Kursaal Santalucia si è svolto un incontro sul tema “Il nuovo Museo Archeologico della Provincia di Bari tra conservazione e innovazione”.
La conferenza si è aperta con il saluto e la presentazione di Luigi Todisco,Direttore della Scuola di Specializzazione in Archeologia di Bari, che ha sottolineato come anche quest’anno, al consueto appuntamento con la settimana della cultura promossa dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, manchi una delle istituzioni più rappresentative della Puglia: il Museo Archeologico Provinciale di Bari. Il museo, così come altri luoghi della cultura barese, è un’importante risorsa negata ai cittadini, dal momento che la sua riapertura, che potrebbe costituire un polo scientifico, didattico, culturale e turistico, è un’esigenza sociale, non solo provinciale ma anche internazionale. Questa situazione è fortemente limitante per gli stessi studenti della Scuola di Specializzazione di Archeologia, dal momento che li priva di un contatto diretto con i reperti archeologici.

Ettore Maria De Juliis, Professore di Archeologia della Magna Grecia presso l’Università di Bari, ha ricostruito puntualmente nella sua relazione la travagliata storia del nostro Museo, istituito nel lontano 16 Agosto 1875, quando il compito di allestirlo fu affidato alla Deputazione di storia patria. Il vero fondatore del Museo è da sempre considerato Michele Mirenghi, primo direttore che donò una ricca collezione di monete romane. Nel 1886 si ottenne il permesso di occupare il salone centrale dell’Ateneo e le due sale attigue, ma solo quattro anni dopo il Museo fu aperto al pubblico. Dal 1892 al 1894 rimase chiuso in seguito alla morte di Mirenghi, fino all’arrivo di Maximilian Mayer che, licenziato nel 1903, fu sostituito solo sei anni dopo da Michele Gervasio. Da questo momento in poi, per circa cinquanta anni, il patrimonio del Museo fu notevolmente incrementato da massicci acquisti, finché non venne affidato all’amministrazione dello Stato, allo scopo di gestire più efficacemente il riordino e l’esposizione dei reperti. 
Tra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento ci fu un rallentamento nell’acquisizione di nuovi materiali, fino alle ultime tappe di un evidente declino purtroppo noto: dalla chiusura avvenuta nel 1994 per la messa a norma dei locali, alla vagheggiata riapertura nel 2001, anno in cui venne restituito alla Provincia. Nel frattempo la collezione, oggi alloggiata per la maggior parte nei locali di Santa Scolastica al Porto (ci sono voluti ben sei anni per trasferire i reperti dall’Ateneo a questa sede), ha dovuto subire lo scempio di un furto avvenuto nel 2004. Tremila reperti sono ancora chiusi in casse, in attesa di una sistemazione. Sistemazione che dovrebbe avvenire all’interno di un nuovo complesso museale allestito nell’area archeologica di San Pietro e Santa Scolastica al porto.

L’idea, racconta Francesca Radina, Direttore del Centro Operativo per l’Archeologia di Bari, già dal 1960 fu accolta con entusiasmo, ma in previsione di questo progetto si ritenne necessario provvedere all’abbattimento del complesso di San Pietro, cancellando importanti tracce della storia di uno dei siti più antichi della città. La questione, ripresa nei primi anni Novanta da Provincia e Comune di Bari, non trova ancora soluzione, nonostante nel 2005 sia stato predisposto uno studio di fattibilità per l’adeguamento di Santa Scolastica e siano stati realizzati nuovi scavi. L’anno scorso è stato indetto un bando di concorso internazionale per allestire il Museo presso l’area archeologica di Santa Scolastica al porto (oggi affidata in comodato d’uso alla Provincia) e quella limitrofa di San Pietro, ma prima di tutto è necessario ultimare i lavori di scavo.

Certamente un nuovo Museo non è pensabile, a Bari così come in tutte le altre città, senza una proiezione fisica nel territorio e senza un necessario ammodernamento. Infatti, come ha avuto modo di spiegare Mario Torelli, Professore di Archeologia Classica presso l’Università degli Studi di Perugia, non possiamo continuare ad aggirarci in un campo di rovine, all’interno di Musei nazionali che sono ormai cadaveri perchè rispecchiano una realtà Ottocentesca (ne è un esempio il Museo del Louvre, ormai morto come organismo in progress e che vive solo del suo passato).

Tante le proposte alla fine di questa giornata: risistemare il Museo nella sede storica dell’Ateneo, cosa che renderebbe più facili il controllo e la tutela (Ettore Maria De Juliis); dislocare le collezioni del Museo in diversi luoghi della città come il Castello Svevo o Palazzo Simi, o iniziare con l’apertura a Santa Scolastica di tre o quattro sale (Clelia Iacobone, Rappresentante del CIDI di Bari). I rappresentanti di alcune Istituzioni che hanno partecipato alla tavola rotonda svoltasi nel pomeriggio (Giuseppe Andreassi, Vincenzo Divella, Domenico Lomelo), si sono detti tutti intenzionati a ridare alla città di Bari, entro il 2010, il suo Museo. E noi ci vogliamo credere.

Se è ancora valida la convinzione per cui  non esistiamo come nazione se non abbiamo un passato, questo passato i cittadini di Bari vogliono riaverlo, devono riaverlo. Siamo stanchi di continui rimpalli di responsabilità, di promesse e di progetti forse irrealizzabili. Non possono passare altri sedici anni prima di poter ammirare di nuovo il nostro amato Petruzzelli. Non dobbiamo abituarci ad avere davanti agli occhi solo lo spettro del teatro Margherita. E non possiamo nemmeno immaginare una città come Bari privata del suo Museo, del suo patrimonio e dimentica dello sforzo di persone che, ormai più di cento anni fa, ci hanno creduto… Forse a differenza di noi.

 

domenica 20 Maggio 2007

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