Cronaca

Bari-San Paolo: viaggio nel mondo dell’accoglienza

Gianpietro Occhiofino
Luogo, praticamente autogestito dai residenti, dove trovano ospitalità una trentina di persone ogni giorno dalle 20 alle 9 del mattino seguente
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“Perseverate nell’amore fraterno. Non dimenticate l’ospitalità; alcuni praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo”.(Eb 13,1-2). Comincia da questa epigrafe, posta all’ingresso del Ferrhotel, il nostro “tour” nel mondo dell’accoglienza nella città di Bari. L’appuntamento con i volontari è alle 21: ad attenderci ci sono Chouaib e Franco. I clochard, i senza tetto e qualche immigrato arrivano alla spicciolata. In poco tempo i 40 posti letto disponibili sono già tutti occupati. I volontari sbrigano le ultime pratiche per la registrazione, dopo di che si chiude. In quel momento si unisce a noi il consigliere comunale di Rifondazione comunista, Sabino De Razza. Assieme a lui Gina, un’altra volontaria.


Lasciamo la struttura di Via Caduti di via Fani per spostarci al quartiere S.Paolo. “Il problema è che tutte le associazioni operanti nel campo dell’immigrazione qui a Bari dovrebbero sforzarsi di fare qualcosa di più. Quello che chiediamo fondamentalmente è un maggiore impegno da tradurre realmente in fatti”. Esordisce così De Razza. “Stiamo facendo grosse pressioni sul Comune di Bari per ottenere maggiori finanziamenti, così non si può andare avanti. I soldi per le politiche dell’accoglienza, gestiti dal competente assessorato, sono del tutto insufficienti”.


Attraversiamo una città dormiente in questa umida serata invernale. “Ci troviamo quotidianamente a gestire situazioni di emergenza. Pochissimi sono gli aiuti economici, inesistenti le strutture per fronteggiare la mancanza di posti letto per le immigrate e gli immigrati. L’Amministrazione comunale dovrebbe e potrebbe fare di più. Lì dove finiscono i soldi, entra in gioco la solidarietà”. A parlare in questo modo è uno dei volontari. Da sempre lo Stato per far fronte alle proprie carenze e per sfuggire dalle proprie responsabilità, utilizza il mondo del volontariato. E’ una vecchia storia.


“Non possiamo fronteggiare i problemi legati al mondo dell’immigrazione di emergenza in emergenza, di proroga in proroga”, afferma Franco. E noi la pensiamo allo stesso modo. “Diverse sono le strutture in disuso di proprietà del Comune. Si pensi all’edificio che ospitava la scuola Quasimodo, oppure a quella dell’ex Nautico”, continua. “Quando chiediamo di poterle gestire adibendole a  dormitorio per immigrati, dal Palazzo di Città fanno sapere che i soldi non ci sono. Eppure lo stato riconosce appositi finanziamenti per questi progetti. Si tratta, in verità, di spostare il denaro da altre voci non importanti, contenute nel bilancio comunale”.


Chouaib pone l’attenzione, invece, su un problema di estrema delicatezza: i minori non accompagnati. “Il pericolo di perdere le loro tracce, una volta giunti nel nostro Paese, è reale. Dobbiamo prestare la dovuta attenzione perché ciò non accada”. Riflettiamo sulla latitanza delle istituzioni proprio mentre  facciamo il nostro ingresso nel quartiere S.Paolo. Stiamo per visitare un dormitorio sito in via Toscana. Operativo da qualche mese, questo luogo fornisce alloggio a 40 immigrati fuoriusciti dal cpa di Bari-Palese e ad altri in difficoltà. “Dobbiamo ringraziare il Caps di Bari che ha risposto immediatamente alla nostra richiesta di aiuto, dandoci la disponibilità della loro struttura per l’accoglienza”, afferma il consigliere De Razza.


In effetti, la proprietà è del Comune di Bari che l’ha data in gestione agli operatori dell’unità di strada. Avendone avuta un’altra e non potendo sfruttare appieno quella di via Toscana, il Caps ha deciso di soddisfare le richieste dei volontari del Ferrhotel, anche se la gestione lì sta per cambiare. “Nel mese di ottobre ci siamo ritrovati a gestire una situazione di assoluta emergenza: decine di persone erano uscite dal campo di Palese. I posti letto a Bari erano inesistenti. Per un certo periodo questi poveretti hanno dormito all’addiaccio sotto i portici, accanto alla stazione. E’ stato in quel momento che abbiamo deciso di rivolgerci al Caps per chiedere un aiuto. Sono stati davvero bravi”. A parlare è Franco. “Un ringraziamento dobbiamo farlo anche all’assessore provinciale alla protezione civile, Nicola Pace. Ha fornito 40 brande, oltre che lenzuola e cuscini”, ci dice Sabino De Razza.
Appena entrati nel dormitorio del S.Paolo, nonostante la drammaticità delle storie di questi giovani, troviamo Adam lì ad aspettarci con un sorriso stupendo. “Possiamo affermare che Adam è il presidente di questa struttura”, scherza il consigliere comunale di Rifondazione comunista. E’ un ragazzo simpaticissimo. Il suo sorriso spontaneo è disarmante. Forse è una delle cose più belle di queste persone. Trovano, nonostante tutto,  la forza di donare una grande carica umana. Dovremmo meditare in proposito.


Sono le 22.00. Alcuni già dormono, altri devono ancora arrivare. Quando facciamo il nostro ingresso, parte dei giovani stanno facendo le pulizie. “E’ una struttura che potremmo definire autogestita dagli stessi extracomunitari”, dice Chouaib. “Peccato che, sebbene munita di mensa,  la mancanza di una convenzione con il Comune impedisca loro di poterla utilizzare”. E’ tremendo constatare di persona quanto sia lenta ed ottusa la burocrazia del nostro paese. Sono stati gli stessi volontari a tirar fuori di tasca propria i soldi necessari per l’acquisto di uno scaldabagno, oltre quelli per far fronte alle prime spese.


“Gli unici che rispondono alle nostre richieste di aiuti materiali sono le parrocchie. Quando possono ci passano detersivi, prodotti per l’igiene, indumenti”. I residenti del quartiere S. Paolo non hanno mai mostrato segni d’insofferenza rispetto alla presenza sul luogo del dormitorio. Una bella lezione di educazione civica. Alcuni abitanti del quartiere Libertà, che si sono opposti mesi fa alla realizzazione di un’analoga struttura, dovrebbero compiere un profondo, rigoroso esame di coscienza in proposito. “Bari è una delle pochissime città italiane a non disporre di un dormitorio pubblico. Si parla sempre di povertà e di disagio, ma nei fatti non si fa nulla”, commenta Franco. E ha perfettamente ragione. La struttura autogestita, garantisce ospitalità dalle 20 fino alle 9 del mattino seguente. La media è di 30 persone al giorno.


Dopo poco, decidiamo di salutare i ragazzi e di andarcene. Anche loro, al pari di tutti i viventi, hanno diritto alla loro privacy. In macchina ringraziamo di cuore i quattro magnifici volontari, dicendo loro che sono persone dall’animo nobile. “Si potrebbe fare sempre tanto di più”, ci gela Franco. Abbiamo accolto le richieste d’aiuto provenienti da questi volontari, volutamente invisibili. Ci sembra doveroso, a questo punto, rivolgerle agli organi preposti per i dovuti provvedimenti. Al Comune di Bari, innanzitutto. L’art. 3 comma 2 del suo Statuto recita: “L’Amministrazione comunale sostiene e promuove l’affermazione dei diritti umani, la cultura della pace, della cooperazione internazionale e dell’integrazione etnico- culturale, ispirandosi ai principi dell’unità e dell’integrazione dell’ Unione Europea”.


L’Abbè Pierre, il grande frate recentemente scomparso, saggiamente scriveva: “Prima di essere ebrei o cristiani, bianchi o neri, francesi o inglesi, l’uomo è Uomo e tutti gli uomini sono uniti da un legame indefettibile che trascende le loro differenze e deve ragionevolmente portare gli uomini ad amarsi e ad offrirsi mutua assistenza”.
E’ la strada maestra per costruire un altro mondo, giusto e umano.

lunedì 5 Febbraio 2007

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