Cronaca

Cambiare o morire

Fortunata Dell'Orzo
Da tempo i commercianti baresi non esprimono più cultura, e gli effetti si vedono
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I commercianti baresi, quelli piccoli, quelli che non gestiscono grossi marchi o che non sono legati a nessuna catena in franchising, si avviano a pagare l’ennesimo scotto per la loro sostanziale disorganizzazione e l’abissale distanza che li separa sia dalle loro centrali sindacali sia dal trend imperante che vede nella GDO (grande distribuzione organizzata) l’attuale stato dell’arte della categoria.


Sono circa 20 anni che è iniziata questa sorta di “caduta degli dei”, da ben prima che i primi grossi centri allignasero nelle immediate vicinanze della città. Chiunque faccia il nostro mestiere da più di 25 anni  si ricorderà le periodiche geremiadi della categoria, angosciata dall’invasione dei giganti francesi che, ovviamente, ha avuto luogo senza che la stessa categoria sapesse reagire od organizzarsi al meglio.


Dopo i francesi sono arrivati tutti gli altri e oggi la città e la sua area metropolitana sono un grande lunapark in cui tutto si vende a prezzi che nessuna piccola bottega piuò praticare, in condizioni di sicurezza impensabili al centro della città, con larghi e gratuiti parcheggi che a Bari sono chimerici anche nelle periferie, con la possibilità di “sostare” con la famiglia intera e per un’intera mattinata senza le preoccupazioni, le strettoie e diciamolo la sporcizia che caratterizza oggi il centro murattiano, Carrassi, il Libertà e Madonnella: giusto per restare ai quartieri antichi e popolosi di Bari.


Questi lunapark possono permettersi il lusso di restare aperti dodici ore al giorno e sette giorni la settimana, con poche e determinate chiusure corrispondenti alle feste comandate: Natale, Pasqua, Primo dell’anno. Non conoscono la pausa pranzo, non occupano i loro stessi sterminati parcheggi impedendo ai clienti di trovare posti liberi (caratteristica invece dei piccoli commercianti baresi che per prima cosa, alla mattina, occupano uno o due posti davanti alla bottega in modo miope e abbastanza sciocco diremmo), hanno personale che spiega e si mette a disposizione della clientela,  la loro gestione si basa su grosse sacche di liquidità e immense quantità in magazzino per una politica del prezzo finale che mai nessun piccolo bottegaio barese si potrebbe neanche sognare (quest’anno quelli di via de Giosa non avevano manco i 50 euro a testa per pagarsi gli artisti di strada del periodo natalizio).


La lotta contre le domeniche chiuse o aperte, dunque, è assolutamente pretestuosa, inutile e demagogica se resta fine a se stessa e non implica, nel contempo, un radicale ripensamento della categoira bottegaia su se stessa e sui suoi, a volte nefasti, influssi sull’intera città. Sono comunque finiti i tempi dei blocchi stradali per impedire che via Andrea da Bari non avesse la corsia di scorrimento dei bus e la dissennata lotta a via Manzoni zona pedonale si è risolta con la morte commerciale di una delle strade storiche del commercio barese. E la stessa via Sparano, su cui di recente si sono appuntati i fari di una profonda riqualificazione, davvero ha perso quasi del tutto il suo significato molto razzista di “salotto” della città rivelandosi una terra di nessuno, preda di bande di bulli e peggio che alla chiusura delle costosissime vetrine (quasi tutti franchising) prendono possesso dei marciapiedi ormai deserti.


Di una cosa possiamo essere certi: le domeniche aperte resteranno 32 e non caleranno neanche di un’unità. Andare contro gli interessi dei grandi gruppi commerciali che, comunque, danno lavoro a centiania di persone che poi vanno a votare, non conviene a nessun gruppo politico. Oggi i piccoli commercianti non hanno, di fatto, nessun partito che si senta capace di rappresentarli senza discuterli. E di sicuro un personaggio come Donato Cippone, commerciante egli stesso, consigliere comunale eletto con Emiliano ed oggi “indipendente”, che veste la doppia casacca di amministratore e capopopolo, non può certo garantire assolutamente nulla a nessuno, tantomeno ai commercianti che dice di voler difendere.


L’Assessore Sergio Ventrella aveva avuto una buona idea che, al momento, sembra però lettera morta: quella di un grande convegno di studi affidato ad esperti ed economisti di fama, che facesse il punto sulla situazione vera del commercio a Bari e che potesse costituire quel nucleo di ripartenza perchè il commercio da queste parti ricomiciasse a produrre cultura.


Non sappiamo perchè Ventrella non abbia attuato questo progetto. O chi lo abbia fermato. Ci piacerebbe saperlo. Perchè qui il commercio minuto è arrivato al bivio definitivo della sua storia barese: o si cambia davvero o è destinato, semplicemente, a scomparire per sempre.

martedì 30 Gennaio 2007

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