Cultura

Il gelido cuore di Enrico Ghezzi

Mario Bucci
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Per il secondo appuntamento della rassegna musicale proposta dalla XXI edizione di TimeZones, si sono incontrati ieri la frontiera dell’audio elettronico e la deriva delle immagini che ci assalgono e derubano ogni giorno, due sponde dall’apparenza infinita, lontane fra loro quanto il gelido palmo di una mano, o ancor meno, lontane il giusto per far passare la glaciale lama, affilata e tagliente, del fuori/sincorono, quello tra audio e video che, privi di un loro orario, non si sono in effetti mai incontrati.
È stato questo lo spettacolo/esperimento/vissuto dal pubblico accorso ieri al Palamartino per assistere alla rara performance live di uno dei guru dell’immagine in movimento, il signore della notte, Enrico Ghezzi, padre putativo di tutti i cinefili nottambuli d’Italia. Traduttore geniale delle più antiche e solide teorie del montaggio, padre di una filosofia dell’immagine/tempo originale ed ermetica, il critico cinematografico ieri ha (s)vestito i panni del vj per portare in scena Fuorioraria, lo spettacolo che, frazionato su tre schermi alla Abel Gance, è parso niente altro che la performance live della striscia quotidiana che da quasi venti anni accompagna l’informazione catodica italiana: Blob. Commentato dai suoni musicali di Maurizio Martusciello e Mario Masullo, lo spettacolo è iniziato con un coupe de teatre, una citazione assolutamente divina come il viaggio verso il tutto/vuoto del dottor David Bowman in 2001 Odissea nello spazio, dove il casco/p.p. perso fra le infinite coordinate del tempo è diventato ieri sera quello di un pilota di formula 1 (tema di base della performance) sul quale si sono riversate le immagini del nostro tempo, l’ultimo brandello di una memoria che man mano si sgretola di fronte all’esplosione vulcanica del cinema. Senza quindi mai alzare il tiro oltre questa importante “attrazione” iniziale, lo spettacolo è rimasto ad un certo punto sospeso, verso un infinito “mai raggiunto”, che alla fine ha lasciato tutti un po’ freddi, distaccati,  intirizziti, frastornati, di fronte alla meravigliosa valanga di ciò che veramente ci appartiene: né cinema, né teatro, né musica. 
Ciò è accaduto soprattutto perché ad aprire la serata c’è stato Ingmar Bergman ed il davvero pregevole risultato ottenuto dall’artista Mar.Core (aka Marco Rocca) che, con il suo spettacolo Aiòn # 001 – an audio-visual research, è riuscito nell’intento di riscaldare il cuore del pubblico reinterpretando il cinema del maestro svedese con assoluta e sensibile capacità, raggiungendo piccoli, brevi e intensi momenti di sincerità emotiva/musicale. Alla base del suo progetto poi, c’è un raffinato percorso asincronico, basato sullo sfruttamento musicale delle onde binaurali che, impercettibilmente distanti nel tempo/ritmo, permettono al cervello di ricostruire una soggettiva percezione del suono (brainwave). Il risultato è stato quello di un viaggio personale e psichedelico con le immagini di Sven Nykvyst (direttore della fotografia dei film di Bergman), sospeso nel torpore della percezione, nell’oblio che ha costituito l’esserci ieri.

Molto interessante è stato l’incontro nel pomeriggio tenutosi presso la libreria Feltrinelli, dove gli artisti da un lato hanno avuto spazio/tempo sincronico per amplificare il loro progetto (definendolo la terra di nessuno) e dall’altro hanno regalato al pubblico la soddisfazione di avere di fronte a sé il pensiero militante dell’immagine in movimento, Enrico Ghezzi, il quale, tra una verbosità e un sospiro, ha parlato di cinema e televisione come se fosse parte del suo corpo, della sua natura, e quindi convincendo circa le grandiose capacità totalitaristiche di un programma/videogioco come Chi lo ha visto?, o definendo davvero anarchico un programma come Un giorno in pretura, perché capace di fare esplodere politicamente un paese.

Ebete amante di un cinema che si crede ogni volta nuovo e che sa di non poter esserlo, il critico si è infine congedato dicendosi fiero di non essere stato contattato (né lui né un suo collaboratore) per il recente festival del cinema di Roma, un allegro fascismo mediatico creato al sol fine di ricevere consenso dal proprio pubblico/popolo.

domenica 12 Novembre 2006

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