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Randagi: una comunità da tutelare

Paola Mammarella
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Le tematiche ambientali ed animaliste ricoprono un ruolo di primo piano nella nostra vita quotidiana. Ne parlano industriali, spot per la sensibilizzazione sociale, campagne scolastiche. L’approccio alla questione non è sempre univoco, al contrario degrado ambientale, randagismo, difficoltà nello smaltimento e differenziazione dei rifiuti sono strettamente interdipendenti.

Riflettono l’incapacità di prendersi cura del territorio, di valorizzarlo, dando agli animali il giusto peso e la dignità che meritano, non solo come affettuosi compagni di vita, ma come esseri viventi. Né servono i canili lager, poco spaziosi, sporchi, veicolo di vere e proprie epidemie. Luoghi in cui ammassare, chiudere e dimenticare uno spiacevole “problema” per le città. Palliativi che dovrebbero invece essere sostituiti da politiche meno improvvisate: sterilizzazioni, incentivo delle adozioni, maggiore sensibilizzazione. In questa direzione operano associazioni come Legambiete, LAV e ANTA, nonostante le difficoltà di un’azione capillare sul territorio.

In Puglia le organizzazioni di volontariato che si occupano di ambiente e animali costituiscono una netta minoranza rispetto alle altre, spesso gli interventi maggiori sono portati a termine da instancabili volontari che operano singolarmente, senza appoggi istituzionali cui far riferimento. Si creano invece reti on line per scambiarsi informazioni, diffondere foto di cuccioli da adottare, segnalare situazioni precarie come quella di Copertino, comparsa sul forum passaparola, in cui due cani sono stati selvaggiamente picchiati perché colpevoli di essersi accoppiati al passaggio della processione in onore di San Giuseppe.

Tramite Internet l’impegno di molti si diffonde potenziandosi: è il caso di Daniela, una ragazza di Giovinazzo, che da due anni, insieme al suo fidanzato, si dedica ai cani abbandonati. “Tutto è iniziato per caso, quando ho trovato quattro cuccioli senza la mamma in una campagna” dice. Da quel momento ha iniziato a fare foto, stampare locandine per trovare famiglie disponibili alle adozioni, sobbarcandosi le spese di viaggio per portare i cuccioli a destinazione: “Milano, Domodossola, Ancona, Ravenna oltre che in tutta la Puglia”.
“L’emozione di aver salvato quelle vite ci ha stregato” confessa, “ e da quel momento non ci siamo più fermati”. Denuncia anche una totale assenza di sensibilità al problema nel suo comune, dove “i cani randagi vengono spesso avvelenati e fatti sparire”.

“Le differenze tra Nord e Sud sono notevoli” afferma Bruno Mei Tomasi, presidente dell’A.N.T.A. Onlus, l’associazione Nazionale Tutela Animali, scelto nel 2005 dalla RAI per condurre un’inchiesta sul randagismo in Puglia. “Le amministrazioni settentrionali sono più disponibili a spendere”, ci dice, “esistono mezzi diversi e un differente tipo di business, nonostante si commettano gli stessi errori”. Basandosi su dati delle ASL locali, aggiunge che anche se a Milano vengono abbandonati in media 15 mila cani all’anno, la capacità di intervento è più rapida e i ricoveri sono maggiormente dignitosi.

“Al Sud spesso i comuni non spendono e i volontari operano da soli”: è il caso di Trani in cui, nonostante il notevole lavoro svolto, c’è il rischio che i giovani volenterosi, non adeguatamente supportati, possano abbandonare.
Grandi novità in vista però. La nuova circolare emanata dall’Assessore regionale alla Sanità, su pressione dell’ANTA, dispone che i cani catturati siano curati e ospitati in canili all’interno delle ASL di competenza. Si vieta la precedente prassi di inviarli in strutture del Nord, pagando cifre considerevoli, ma continuando a disinteressarsene. “Così saranno costretti a creare delle strutture”, afferma soddisfatto, vedendo nella nuova disposizione il primo step verso un rapporto più equo e rispettoso a vantaggio degli animali.

Conclude citando una frase di Gandhi: “La grandezza di una Nazione e il suo progresso morale si possono giudicare dal modo in cui tratta gli animali”.

domenica 29 Ottobre 2006

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