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Licenze ai cinesi: fenomeno da arginare

Anna Selvarolo
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In merito alla polemica insorta con la Commissione Parlamentare Antimafia circa l’eccessivo numero di autorizzazioni commerciali rilasciate ai cittadini di etnia cinese, l’assessore alle attività economiche, Sergio Ventrella, ha indetto questa mattina una conferenza stampa nella sala Giunta del Palazzo di Città per puntualizzare alcuni aspetti.
Innanzitutto occorre sottolineare che di contro alle presunte 1000 autorizzazioni rilasciate prevalentemente a Bari e Lecce, il Comune di Bari ne annovera 37 per ciò che concerne gli esercizi commerciali di vicinato, vale a dire di dimensioni non superiori ai 250 mq, e 11 per i ristoranti.

 "Ma tali licenze -ha precisato Ventrella-  sono state concesse a partire dal 1998. Probabilmente le cifre esposte dalla Commissione Parlamentare Antimafia inglobavano anche le attività degli ambulanti".
Peraltro il Comune, in base al D. Lgs. 114/98 (il cosiddetto decreto Bersani) non rilascia alcuna autorizzazione dal momento che per gli esercizi commerciali di vicinato è sufficiente presentare un’istanza (Mod. COM) ed un’autocertificazione tra cui il casellario giudiziale ed il certificato antimafia.
La normativa vigente, peraltro, non fa alcuna distinzione tra connazionali ed extracomunitari per cui il rilascio delle autorizzazioni non presuppone il permesso di soggiorno.
Tuttavia, nonostante il numero delle licenze commerciali rilasciate ai cinesi sia stato, come si è visto, notevolmente ridimensionato il problema sussiste sempre sul piano economico, in quanto i prodotti a basso costo viziano il mercato rendendo i commecianti locali incapaci di reggere tale concorrenza.
Pertanto sarebbe opportuno, come hanno suggerito Ventrella e Martinelli, assessore alla sicurezza, adottare delle norme che possano in qualche modo arginare il fenomeno. Innanzitutto andrebbero rivisti il D. Lgs. 114/98 e la L.R. 11/03;  in secondo luogo occorrerebbe maggiore autonomia per i comuni che potrebbero, così, procedere ad un piano di regolamentazione e per gli esercizi di vicinato e per le strutture di vendita superiori ai 250 mq (attualmente oggetto di pianificazione regionale).
Questa pianificazione potrebbe, inoltre, prevedere una vera e propria procedura autorizzatoria che contempli il titolo di disponibilità del locale e soprattutto il permesso di soggiorno, ritenuto propedeutico per il rilascio dell’autorizzazione contrariamente alla legge Bossi-Fini, secondo la quale la licenza commerciale sarebbe servente all’ottenimento del permesso di soggiorno.
Naturalmente ci si affida agli organi legislativi e ai parlamentari nazionali e regionali affinchè intervengano per contenere il numero di licenze concedibili.

mercoledì 22 Giugno 2005

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