Il comizio

Vito Leccese: «Andiamo avanti, vogliamo veramente bene alla nostra città»

In piazza Umberto Elly Schlein e Vito Leccese
Sul palco di piazza Umberto anche la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein e il portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli
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Vito Leccese ha incontrato i baresi in vista delle elezioni amministrative per Bari 2024. Sul palco di piazza Umberto anche la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein e il portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli. Presenti il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano e il sindaco di Bari Antonio Decaro.

Di seguito il suo discorso:

“Nelle ultime ore ho ricevuto tantissimi messaggi da molti di voi. Messaggi di incoraggiamento, soprattutto. E vi ringrazio di cuore.

Poi tra tutti i messaggi ce ne sono alcuni un po’ particolari. Sono quelli che chiedono: Vito, cosa sta succedendo?

Sì, cosa sta succedendo?

Sta succedendo che il leader del Movimento Cinque Stelle da Roma viene a Bari per sostenere il suo candidato alle primarie ma decide, unilateralmente, che le primarie non si possono più fare.

E lo decide sulla base di un’inchiesta che con il voto delle primarie non ha niente a che vedere. Perché le primarie non sono, anzi devo dire non erano, tra Laforgia e qualcuno degli indagati per voto di scambio. Le primarie erano tra Michele Laforgia e Vito Leccese.

E noi, io e lui, con la nostra storia, saremmo stati i garanti della correttezza e della trasparenza del voto. Invece secondo Conte un’inchiesta che riguarda il voto di scambio, improvvisamente diventa il motivo per interrompere le primarie di Bari.

Mi chiedo allora, qual è il senso di annullarle?

Se il ragionamento è: “siccome esiste il voto di scambio, non facciamo le primarie” a maggior ragione dovremmo annullare le “secondarie”. Che fa, Conte, ritira i candidati del Movimento 5 Stelle anche dalle amministrative di giugno? Anche dalle europee?

Ovviamente no.

Perché alla domanda “cosa sta succedendo” la risposta è purtroppo molto semplice. C’è qualcuno a cui non interessa minimamente il destino della città di Bari. C’è qualcuno a cui interessa solo speculare sulla nostra città per un calcolo elettorale.

Tra i tanti messaggi arrivano anche quelli che mi chiedono: cosa fate adesso?

La risposta l’abbiamo scritta in grande lì dietro, così è più chiara. AndiamoAndiamo avanti.

Andiamo avanti perché non abbiamo paura.
Andiamo avanti perché non abbiamo nulla da nascondere.
Andiamo avanti perché noi vogliamo davvero bene a questa città.

 

Un’altra domanda che mi pongono è: si può ancora ricucire?

Bene, qui la risposta è davvero molto semplice. E voi tutti potete testimoniarlo. Dal primo giorno io ho provato a praticare la temperanza e la mediazione. Ho provato, sempre, a ricucire gli strappi, ad attenuare i contrasti. Non ho mai attaccato frontalmente il mio avversario (faccio ancora fatica, nonostante tutto, a chiamarlo avversario). E non ho mai risposto agli attacchi, a volte scomposti, che mi sono arrivati da alcuni dei suoi sostenitori.

E ho provato in più circostanze, fino a ieri a individuare una soluzione unitaria. Soluzione unitaria che per me vuol dire che ognuno dei contendenti fa un passo indietro per fare posto a un nome diverso che metta tutti d’accordo.

Ma mi sa che dall’altra parte hanno un’idea diversa della parola unità. Anche ieri dal palco mi è sembrato chiaro che la ricerca dell’unità fosse poco più che una formula retorica buona per un comizio. In realtà il messaggio, chiaro, l’ha espresso proprio Conte dal palco: “niente primarie, il nostro candidato è Laforgia”. Poi l’ha ribadito lo stesso candidato, che in sostanza ha detto: “è necessario trovare una soluzione unitaria, e la soluzione unitaria non posso che essere io”. Tipo Luigi XIV, “L’État, c’est moi!”, lo Stato sono io.

È un po’ come se due amici si dovessero incontrare per un appuntamento, uno dicesse: “vediamoci a metà strada” e l’altro rispondesse: “ok, vieni a casa mia”. Non funziona così.

Questa non si chiama mediazione, questa si chiama imposizione. Questa non si chiama soluzione unitaria, questo si chiama ultimatum. E noi siamo stanchi di subire ultimatum. Non avete nessuna superiorità né morale, né culturale, per dare ultimatum, non siete i duri e puri, non siete i supereroi, non siete gli eletti.

Per essere gli eletti, dovreste quantomeno farvi eleggere, invece di annullare le elezioni!

 

Qualcuno dice che sottovaluto le inchieste di questi giorni. Niente affatto.

La mia prima manifestazione, da consigliere comunale, fu contro il voto di scambio. E da parlamentare ho votato l’introduzione dell’articolo 416 ter, scambio elettorale politico mafioso. Sono perfettamente consapevole del danno enorme che queste pratiche fanno alla democrazia. E ho già detto in quale posto prenderei a calci quelli che se ne rendono protagonisti, non me lo fate ripetere…

Io penso dunque che gli avvenimenti di questi giorni impongano a chiunque abbia fatto politica, chiunque, un esame di coscienza. Ma diciamolo una volta per tutte: la narrazione manichea dei buoni da una parte e dei cattivi dall’altra, funziona solo nelle favole per i bambini. Basta. Qui siamo tutti maggiorenni e vaccinati.

E ve lo dico, ci attendono sessantadue giorni di campagna elettorale, è meglio che nessuno sventoli la bandiera della verginità, perché a trovare trasformisti anche dalla parte di chi si professa l’eroe della purezza si fa molto presto. Non si nascondono nemmeno, bisogna dirlo. Sono persone con un curriculum da voltagabbana talmente prestigioso che potremmo chiedere all’università qui dietro di dargli una laurea ad honorem in trasformismo.

 

Eppure avevamo pensato che queste primarie potessero essere l’occasione per una contesa leale, basata sulle idee… E devo dire che prima di questo assurdo epilogo, la campagna elettorale aveva avuto una sua dignità. Per esempio, era venuto fuori più volte un tema molto interessante: quello del confronto tra discontinuità e continuità.

Il mio avversario ha insistito molto sulla discontinuità. Ne ha fatto un punto d’onore della sua campagna. È legittimo, ci mancherebbe, lo dico senza nessuna ironia né polemica. Ma io voglio dirlo chiaramente, ancora una volta, a voce alta: se lui ha tutto il diritto di rivendicare discontinuità, io sono fiero di poter rappresentare la continuità con questa amministrazione.

E queste non sono solo parole. Essere orgogliosi di questa esperienza vuole dire sentirsi parte di una comunità. Una comunità che nel 2004 si strinse intorno a un progetto di rinnovamento, l’Onda di Michele Emiliano. Mi ricordo un suo slogan, che campeggiava sotto il Margherita (che ovviamente era chiuso, a quei tempi). C’era scritto, grande, “Bari cambia”.

Ecco, mai slogan fu più profetico. Quella comunità, in quella primavera, si mise a cambiarla davvero, Bari. Contro tutto e contro tutti, tutti insieme, trovammo il coraggio di alzare la testa, di voltarla verso sud est, e di pretendere di riavere indietro il nostro orizzonte. E oggi, per dimostrare quanto sia solido quel filo rosso che lega questi vent’anni, l’amministrazione di Antonio Decaro si chiude con un progetto straordinario, che nasce proprio lì, da quell’orizzonte liberato dagli ecomostri, e trasforma 6 chilometri di quella costa degradata nel parco urbano più grande e più verde di tutta la Puglia.

Bari cambia, sì, cambia davvero, e dal 2004 continua a cambiare in meglio.

Eccola, la continuità.

È solo un esempio. Ma quanti altri potrei citarne? I teatri riaperti, l’amianto bonificato, i parcheggi di scambio, le ztl e le zsr, le centinaia di piccoli grandi cantieri che hanno cambiato la città, l’opera instancabile al fianco dei cittadini più sfortunati, lo sport in tutti i quartieri, gli asili nido, passati da 11 a 23, da 700 posti a 1400.

Sì, sono fiero di continuare un’esperienza amministrativa non di cinque, non di dieci, non di quindici, ma di venti anni che hanno trasformato questa città.

È andato tutto bene? Tutto meraviglioso? Tutti felici? Nient’affatto. E chi ci accusa di raccontare sempre e solo i successi di questa amministrazione, forse fa finta di non vedere quante volte abbiamo chiesto scusa, per i ritardi o per le cose andate male. Sì, perché noi abbiamo dei limiti. E non ce ne vergogniamo. E quando c’è da prendersi la responsabilità di un errore, lo facciamo, a viso aperto, prendendoci le lamentele e qualche volta anche gli insulti. Se volete vi faccio ascoltare i vocali che mi arrivano ogni giorno… ma ci sono anche bambini, forse meglio di no…

Sì, noi sbagliamo. Perché l’ho detto prima, noi non abbiamo i superpoteri. E non li vogliamo.

E i cittadini lo sanno. Ci mandano a quel paese, a volte, ma apprezzano l’onestà. Però sia chiaro, una cosa è ammettere gli errori, e cercare di correggerli. Un’altra cosa è raccontare che questa città sta morendo, che questa città è allo sbando, che questa città fa schifo, solo per guadagnare qualche voto. Che male abbiamo fatto per ascoltare Gasparri che insulta ogni giorno a reti unificate la nostra città. Gasparri!

E lo dico al centrodestra, perché so che anche tra loro ci sono persone che amano questa città… Attenzione, questa strategia non è un’arma elettorale contro di noi, contro gli avversari politici. Questa strategia, questo continuo denigrare la città è un’arma puntata contro Bari. È un’arma puntata contro i baresi. Ed è sempre la vostra solita strategia, quella che mettete in atto a ogni elezione. E che ve le fa perdere tutte, da vent’anni.

La destra, ecco, la destra. Parliamo un po’ dei nostri avversari, perché sono loro i nostri veri avversari. Loro chi? Potrebbe chiedere qualcuno. Non lo sappiamo. Da mesi, ogni due o tre settimane esce un comunicato in cui dicono che stanno per trovare il candidato. Ma il problema non è che non hanno il candidato. Il problema è che non hanno una classe dirigente, non hanno un programma, non hanno un’idea per la città. Hanno soltanto una cosa: hanno una voglia matta di vincere le elezioni a tavolino. E io li capisco. Perché truccare la partita è l’unica possibilità per loro di vincerla.

Ma ve lo prometto, non vinceranno. Nemmeno questa volta. Vincerà, ancora una volta, la Bari coraggiosa di questi vent’anni. La Bari che ha sfidato un destino che la voleva condannare a essere una piccola provincia irrilevante e sconosciuta. La Bari che si è svegliata, vent’anni fa, e che non vuole mai più riaddormentarsi.

Andiamo, Bari. Andiamo”.

sabato 6 Aprile 2024

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