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Agromafie, Bari al decimo posto nella classifica nazionale

La Redazione
Presentato il quinto Rapporto Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura. Sofisticati in primis olio e ortofrutta
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Palma nera alla provincia di Bari, rientrata a pieno titolo nella top ten della graduatoria che fotografa l’intensità del fenomeno delle agromafie nelle province italiane.

Si piazza al decimo posto, seguita a ruota da Taranto al 15esimo, la provincia di Barletta-Andria-Trani al 18esimo posto, Lecce al 28esimo, Brindisi e Foggia rispettivamente al 46esimo e 47esimo posto. I ruoli si invertono se ad essere fotografato è l’indice di permeabilità delle agromafie che raggiunge 100 a Foggia, 66,80 a Brindisi, 44,75 nella Bat, 34,56 a Taranto, 30,75 a Bari e, infine, 25,94 a Lecce.

Sono i dati emersi nel corso della presentazione del quinto Rapporto Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare.

«A Bari in Puglia le fattispecie criminose più significative sono costituite dalla sofisticazione  – soprattutto dell’ortofrutta e dell’olio –  ma si assiste anche ad una escalation di furti nelle campagne di mezzi agricoli, prodotti, fili di rame e tutto quanto inibisce il sano svolgimento dell’attività agricola nelle aree rurali» spiega Coldiretti.

È emerso, tra l’altro come il fenomeno, nel corso dei cinque anni considerati, abbia accresciuto la propria intensità in particolar modo in Puglia (Bari: 1,39%; Taranto: 1,30%; Barletta-Andria- Trani: 1,27%).

«L’olio extravergine di oliva pugliese – dice Gianni Cantele, presidente di Coldiretti Puglia – è sotto continui attacchi da parte degli agropirati senza scrupoli che 'drogano' il mercato dell'olio extravergine di qualità con un inevitabile danno a carico del territorio, delle imprese e dei consumatori. Oltre ai furti di rame, prodotti e mezzi agricoli, stiamo registrando fenomeni estorsivi, chiaramente evidenziati dai numerosi tendoni e ceppi di uva tagliati. Il fronte dell’illegalità è sempre più ampio e riguarda la proprietà fondiaria, le infrastrutture di servizio all’attività agricola e, non da ultime, le produzioni agricole ed agroalimentari. I reati contro il patrimonio, quali furto di mezzi agricoli (15%), abigeato (11%), furto di prodotti agricoli (13%), racket (9%), usura, danneggiamento, pascolo abusivo, estorsione, rappresentano la “porta di ingresso principale” della malavita organizzata e spicciola nella vita dell’imprenditore e nella regolare conduzione aziendale».

Il volume d'affari complessivo annuale dell'agromafia – sostengono i dati dello studio – è salito a 21,8 miliardi di euro con un balzo del 30% nell’ultimo anno.

Il rapporto evidenzia che tale stima rimane, con tutta probabilità, ancora largamente approssimativa per difetto, perché restano inevitabilmente fuori i proventi derivanti da operazioni condotte “estero su estero” dalle organizzazioni criminali, gli investimenti effettuati in diverse parti del mondo, le attività speculative poste in essere attraverso la creazione di fondi di investimento operanti nelle diverse piazze finanziarie, il trasferimento formalmente legale di fondi attraverso i money transfer in collaborazione con fiduciarie anonime e la cosiddetta banca di “tramitazione”, che veicola il denaro verso la sua destinazione finale.

«La filiera del cibo, della sua produzione, trasporto, distribuzione e vendita – per Coldiretti – ha tutte le caratteristiche necessarie per attirare l’interesse di organizzazioni che via via abbandonano l’abito “militare” per vestire il “doppiopetto” e il “colletto bianco”, come si diceva un tempo, riuscendo così a scoprire e meglio gestire i vantaggi della globalizzazione, delle nuove tecnologie, dell’economia e della finanza 3.0».

«Sul fronte della filiera agroalimentare – spiega Coldiretti – le mafie, dopo aver ceduto in appalto ai manovali l’onere di organizzare e gestire il caporalato e altre numerose forme di sfruttamento, condizionano il mercato stabilendo i prezzi dei raccolti, gestendo i trasporti e lo smistamento, il controllo di intere catene di supermercati, l’esportazione del nostro vero o falso Made in Italy, la creazione all’estero di centrali di produzione dell’Italian sounding e la creazione ex novo di reti di smercio al minuto».

«A questi reati contro l’agricoltura – secondo il Rapporto Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare – si affiancano racket, usura, danneggiamento, pascolo abusivo, estorsione nelle campagne mentre nelle città, silenziosamente, i tradizionali fruttivendoli e i nostri fiorai sono quasi completamente scomparsi, sostituiti i primi da egiziani e i secondi da indiani e pakistani che, pur sapendo proferire a stento poche frasi compiute in italiano, controllano ormai gran parte delle rivendite attive sul territorio».

martedì 14 Marzo 2017

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