Cultura

Ilva e ambiente a dibattito alla Facoltà di Giurisprudenza

Laura Bienna
'L'Ilva non sia giustificazione per frenare lo sviluppo industriale del Sud'
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Della triste storia dell’Ilva si sente parlare pressoché ogni giorno, eppure, probabilmente, non tutto è stato ancora detto. È quello che pensa Angelo Mellone, autore del libro  ‘AcciaioMare- il canto dell’industria che muore’ , oggi ospite nell’Aula Contento della Facoltà di Giurisprudenza, per parlare, appunto, di quel che ancora  rimane taciuto sull'argomento, in un pubblico dibattito organizzato dalla Associazione studentesca ‘Azione Universitaria’.

Mi sembra strano essere l’unico ad aver raccontato quest’epopea al contrario e aver ‘fatto la conta’ di chi è ‘morto di Ilva’. Ebbene, sono 500 le persone morte nella fabbrica di Taranto per malattie presumibilmente legate all’attività che svolgevano e ancora nessuna targa in loro memoria, in ricordo, cioè, dei ‘Martiri dell’acciaio’, è stata mai apposta”.

A dirlo è l’autore stesso che si definisce ‘orfano di lunga militanza’ dal momento che proprio suo padre nella fabbrica di Taranto perdeva la vita quando lui era appena adolescente, per un tumore che solo in seguito fu incluso nella casistica delle malattie sul lavoro.  Per lui, insomma, ricostruire la ‘storia dell’acciaio’ è un po’ come ricostruire la storia di suo padre.

AcciaioMare non è un saggio, ma un ‘monologo di comizio civile’- spiega, ancora, Mellone- un libro che va letto senza 'pregiudizio di condanna' se si vuole capire a pieno ciò che ho cercato di esprimere”.

Insomma, un’analisi a tutto tondo della situazione di una delle Città che negli anni ’80 era la più ricca del Sud, in un periodo in cui coloro che erano emigrati tornavano a Taranto perché c’era lavoro e le cozze tarantine venivano acquistate in tutta Italia perché  definite le migliori.

Non solo, l’incontro ha avuto modo di toccare alcuni dei temi meno ‘noti’ che ruotano intorno alla ‘fabbrica della morte’: gli intrecci tra politica ed economia, l’ambientalismo ideologico che, troppo spesso, smaschera colpe ma non colpevoli (quanti reati ambientali rimangono sistematicamente impuniti?), la mancanza di una classe dirigente a Taranto che possa ‘sistemare’ le cose, ed anche quello che l’autore chiama ‘carne da macello mediatico’, riferendosi ai media per i quali l’Ilva rappresenta, per il mezzo di operazioni intellettuali ‘disoneste’, fonte inesauribile di scoop prima che tema di scottante attualità.

Nonostante questo, Mellone difende ancora quel tipo di sviluppo industriale che a Taranto ha mostrato tutte le sue falle: “ La storia dell’Ilva non deve essere giustificazione per frenare la nascita di una grande industria del Sud ma, semmai, esempio a che nuovi impianti sorgano all’insegna della green economy, della sostenibilità e che anche il turismo si sviluppi secondo criteri di retroportualità”.

Plaudo al coraggio civile di Angelo– ha detto il giornalista Michele De Feudis relatore del confronto- che oggi riesce ancora a parlare della libertà insopprimibile degli operai dell’Ilva e della scelta di libertà, in genere, di tutti i tarantini. Perché, forse, -ha commentato- si è più liberi all’Ilva che non in un call center ricavato nel sottoscala di un palazzo al Nord”.

“Abbiamo fortemente voluto questo incontro perché ci siamo resi conto della disinformazione generale sulla questione– ha detto Fabio Petruzzella, Consigliere di Dipartimento e organizzatore del dibattito- Volevamo, quindi, che si desse un quadro ‘reale’ di ciò che è l’Ilva e della Città di Taranto oggi, una Città che non può tornare a sperare di poter ‘campare’ sul turismo, visto che ‘all’inferno’ nessuno vuole andare a villeggiare”.

giovedì 2 Maggio 2013

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