Cultura

Bif&st ‘british’ con l’ironia tagliente di Stephen Frears

Nicola Andrisani
Il grande regista di 'The Queen' e 'Le relazioni pericolose' al Petruzzelli
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Arguto e tagliente, ironico e british fino al punto di non essere talvolta capito dal folto (e in qualche caso provinciale) pubblico del Petruzzelli. Stephen Frears arriva trafelato sul palco della seconda Lezione di cinema del Bif&st, complice anche un ritardo non voluto del suo aereo proveniente da Roma.

Maglione e sciarpa, un look semplice per una delle figure più rivoluzionarie e originali del cinema moderno: da 'My beautiful laundrette' a 'Le relazioni pericolose' proseguendo con 'High Fidelity' e lo strepitoso 'The Queen'. Sono solo alcuni dei titoli più noti del 71enne regista inglese, ideale prosecutore della scena britannica del 'Free cinema', uno stile diretto e senza censure, ispirato a tematiche sociali e storiche.

Frears, insignito del premio Fellini per l'eccellenza artistica, intervistato da Marco Spagnoli, parla della sua vita e di come sceglie un soggetto per un film: “Domanda – afferma – da rivolgere a uno psicanalista! Dove sono cresciuto c'era tantissima gente che lavorava scrivendo storie. Mi chiedevano di metterle in scena. Ho scelto in fondo per ragioni inconsce, così come si sceglie una moglie”.

Frears racconta dei suoi esordi: “Non ho mai voluto essere un regista. Non sapevo esistesse neppure come lavoro. Studiavo giurisprudenza, ed era piuttosto noioso. Così – prosegue – cominciai ad andare a teatro, incontrai due registi e mi hanno 'sequestrato', facendomi scoprire che si poteva vivere guadagnando come regista. Dopo 15-20 anni ho realizzato che era così”.

Lo stile sul campo di Frears è singolare, anche per quanto riguarda il suo coinvolgimento nella storia che va a girare: “I dettagli devono essere valorizzati. In 'Le relazioni pericolose' la sceneggiatura aveva dialoghi troppo lunghi per il film. Abbiamo così deciso di scrivere delle lettere per recuperare lo stile epistolare dell'epoca. In 'High Fidelity' leggendo la sceneggiatura ho ritenuto che dovesse essere catturato il significato vero, del monologo interiore dei personaggi. A volte la voce risultava inutile. Mi sono preoccupato di non fare confusione in modo tale che il messaggio insito nel testo venisse trasmesso così com'era al pubblico”.

Un cinema diretto con attori emergenti, talvolta di spessore straordinario. Dalle sue mani sono stati plasmati talenti come Daniel Day-Lewis, Uma Thurman, Keanu Reeves, ma anche un acerbo (attorialmente parlando) Bruce Springsteen: “Era molto nervoso, ammetto che l'ho fatto piangere” ha rivelato simpaticamente Frears, ammiratore anche del cinema italiano di Fellini e Antonioni: “Stamattina quando ero all'aeroporto di Roma, pieno di gente, mi è venuto in mente un film del realismo italiano nel quale vedevo scene di folla, di immigrati del Sud. Quando avevo 20 anni all'epoca il cinema italiano aveva un ruolo centrale. Neo-realismo e poi Antonioni e Fellini. Ora ammiro molto un regista come Garrone” citato alla pari dell'altro grande talento europeo, Jacques Audiard.

Infine, Frears, scherza sulla politica anglosassone e italiana: “In Inghilterra al momento è poco interessante, ci si addormenta dalla noia. In Italia almeno avete un anarchico – riferendosi a Beppe Grillo – Da noi i politici sono spaventosi. In Italia il potere in mano a persone di età avanzate e corrotte, come Berlusconi. Non c'era l'uomo di Firenze, a cui non gli hanno consentito di diventare primo ministro perchè era troppo giovane?

lunedì 18 Marzo 2013

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