Attualità

Dal 2009 ad oggi, insieme al pane, lievitano anche i prezzi

Ilaria Discornia
Occhio alla spesa: convenienza non sempre è sinonimo di qualità
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Lo sapevate che il prezzo del pane è un importante indicatore dell’equilibrio economico di un Paese? Secondo le Federazione Italiana Panificatori, ogni anno in Italia si producono circa 3,2 milioni di tonnellate di pane. Le famiglie ne acquistano circa 2,6 milioni di tonnellate l’anno con un consumo pro capite annuo pari a 58 kg. Un italiano in media spende 68 centesimi al giorno per questo alimento, pari a 248 euro l’anno.

Ma si tratta realmente di un prezzo che rispecchia la realtà? Secondo un inchiesta di AltroConsumo svolta in dieci città italiane, tra cui Bari, il prezzo varia da regione a regione, e dipende dal tipo di pane scelto: in un anno si spendono tra i 156 e i 271 euro a seconda che si tratti di pane economico o costoso.

Ma che differenza c’è? Dal pane al latte al pane integrale, dal pane all’olio a quello di farina di grano duro, senza dubbio a Bari quest’ultima specialità è quella che costa meno (in media 3,60 euro al kg). Un’altra varietà comune è la baguette, spesso venduta fresca in panetteria, ma sicuramente più economica al supermercato o all’iper (2,54 euro al kg in panetteria contro i 2,06 euro al kg nella GdO). Nella grande distribuzione, infatti, Altroconsumo ha riscontrato un risparmio di 0,50 euro, ma qui emerge un dato rilevante a cui tutti i consumatori dovrebbe prestare maggiore attenzione.

Secondo uno studio condotto da Coldiretti, il 25% del pane venduto nei super e negli ipermercati proviene dalla Romania o da altri paesi dell’Est, dagli stessi paesi proviene buona parte del pane destinato a mense, ospedali, bar e ristoranti. Nulla di male se il prodotto proviene dall’estero, serve però trasparenza sull’origine e garanzie sulla qualità degli ingredienti utilizzati per fare il pane. Infatti, sulla confezione del pane “surgelato e parzialmente cotto” venduto nella grande distribuzione, di solito è indicato lo stabilimento in cui avviene la produzione finale (così come imposto dalla normativa), ma non esiste l’obbligo di segnalare la provenienza degli ingredienti e dei semilavorati.

Insomma, l’alimento base di ogni pasto, è diventato caro quanto un dessert, ma occhio alle speculazioni del mercato, perché non sempre gli incessanti aumenti dei prodotti finali sono il frutto di aumenti del costo della materia prima.

domenica 15 Aprile 2012

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