Cultura

Macbeth all’Abeliano: la tragedia rivista con gli occhi di oggi

Antonella Ardito
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Un Macbeth in grado di tenere uniti attorno a sè tutte le età: la tragedia di Shakespeare è così attuale e in grado di adattarsi ad un pubblico molteplice che quasi non sembra scritta agli inizi del 1600.

Della forza dello spettacolo in cartellone al Piccinni sicuramente un grande merito va ad Elena Bucci e Marco Sgrosso curatori e primi attori di questa nuova interpretazione drammaturgica e fondatori della Compagnia Le Belle Bandiere che ha dato vita alla storia tetra della Scozia di inizio anno mille sulle tavole dell’Abeliano ieri e mercoledì sette dicembre.

Pochi elementi in scena, panche in legno che definiscono uno spazio intra palcoscenico e un trono che è strumento di tortura simile ad una sedia elettrica ante litteram, ma grande importanza alle luci, in grado di delinare sogno e realtà, paura e volontà di sopraffazione e addirittura una prigione di luce che alla fine avvolge gli attori.

Si inizia con le streghe che si muovono in un bosco dalla luce giallognola proveniente dal palco e si continua con una sorta di bandita e banditore che illustra chiaramente la storia di Macbeth

Macbeth è un signore di Scozia, il quale combatte valorosamente contro l’esercito norvegese a fianco del suo caro amico Banquo. Al ritorno dal campo di battaglia i due incontrano tre streghe. Queste rivelano delle profezie sul futuro di Macbeth e Banquo: Macbeth diventerà conte e poi Re di Scozia, mentre Banquo non diverrà Re ma ne genererà. Immediatamente dopo arrivano dei messaggeri di re Duncan, che informano Macbeth che è stato nominato conte per il grande coraggio mostrato in battaglia. Macbeth rimane profondamente colpito dalla profezia già avveratasi e si chiede come il destino possa far avverare tutto ciò.

Successivamente, Re Duncan e altri nobili vengono ospitati al castello di Macbeth e di sua moglie, Lady Macbeth.

Macbeth riflette a lungo sul suo destino e si chiede se sia il caso di agire prima di esso, uccidendo Re Duncan, cui è sempre stato fedele. Dopo numerosi tentennamenti viene infine spinto dalla Lady a compiere questo atto  sacrilego, facendo ricadere la colpa materiale sulle due guardie del Re. La mattina del giorno seguente giungono al castello i figli del Re e altri nobili. Macbeth dissimula i suoi pensieri e sentimenti e fa credere di aver ucciso le guardie colpevoli dell’assassinio. Presto i figli del Re scappano in Inghilterra e vengono ritenuti quindi i mandatari dell’assassinio.

In Macbeth subentra la preoccupazione per Banquo, testimone delle profezie delle streghe e secondo queste padre del futuro re. Decide quindi di sbarazzarsi anche di lui e di suo figlio; macchiandosi così di un secondo delitto è ormai prigioniero di un ciclo di omicidi che ipoteticamente non avrebbe mai fine. Nella famosa scena del banchetto il fantasma di Banquo si manifesta e tormenta Macbeth. Quest’ultimo decide di recarsi nuovamente dalle streghe che gli rivelano tre importantissime cose: in primo luogo gli dicono che non può essere ucciso da nessun uomo nato da donna, che non deve temere fino a quando il bosco di Birnam non si muove verso la collina di Dunsinane e infine che deve stare attento a Macduff. Nel frattempo gli altri signori di Scozia hanno capito l’inganno e si coalizzano per muovere guerra al Re .La famiglia di Macduff cade però preda della follia omicida di Macbeth

Inizialmente, Macbeth non è assolutamente preoccupato dai suoi nemici. Sa infatti di essere invulnerabile. Egli è però ormai stanco di vivere e addiritura, quando la moglie si suicida in preda alla pazzia non mostra alcun dispiacere. Dopo che l’esercito inglese ha praticamente sbaragliato quello reale (il bosco di Birnam si muove verso Dusinane con un effetto ottico: i soldati reggono in mano dei rami in modo da confondere i nemici) si trova di fronte Macduff.

Macbeth crede fermamente di non poter essere sconfitto, dato che secondo le streghe nessun uomo nato da donna può farlo, ma Macduff gli rivela di essere stato strappato prematuramente al grembo materno. La battaglia è quindi vinta da Macduff e la tragedia si conclude con quest’ ultimo, che, ottenuta la vendetta, consegna la testa di Macbeth al nuovo re di Scozia: Malcolm, figlio di re Duncan.

La storia è questa ma la resa scenica è fortemente intrisa di riflessione sul nostro tempo: Macbeth uccide per smania di potere e non riesce più a dormire, perchè il sonno e letale e genera incubi; non c’è più pace neanche per la sua donna che continuerà a sentire l’odore del sangue sulle sue mani fino alla morte.

Nell’ambizione sfrenata che porta ad uccidere c’è tutta l’attualità della tragedia shakesperiana che nell’essenzialità di questa riscrittura rivela le paure degli uomini d’oggi, costretti a scendere a compromessi sempre più beceri, magari non ad uccidere fisicamente ma ad attuare pratiche di degradazione dell’altro sempre più estreme.

venerdì 9 Dicembre 2005

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