Attualità

San Nicola. Storia e tradizioni legate al Santo dei baresi.

AMMINISTRATORE BARILIVE
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Ogni tradizione popolare che si rispetti si ammanta di aneddoti e curiosità, talora sfocianti nell’inverosimile. Da un dato storicamente attestato si costruisce il racconto che, tramandato nel corso dei secoli, si arricchisce di particolari sino a diventare leggenda.
Sul Santo, patrono della città di Bari, innumerevoli sono le notizie forniteci tanto dagli studiosi quanto dalla gente comune. Ma da questo mare magnum cercheremo di ricavarne una storia, anzi la storia di quest’uomo così tanto venerato.
S.Nicola nasce a Patara (nell’attuale Turchia), intorno al 250 d. C., da una famiglia abbiente e molto religiosa che gli infonde sin da piccolo l’amore per Gesù.
Rimasto presto orfano di entrambi i genitori e avendo ereditato un’ingente ricchezza, si vota alla vita clericale e alla carità verso il prossimo ottenendo, peraltro molto giovane e forse per ispirazione divina, la carica episcopale.
Infatti si tramanda che alla morte del vescovo di Myra, trovandosi la comunità religiosa in difficoltà su chi eleggere come successore, il Signore avrebbe rivelato ad un uomo di chiesa che colui che avesse varcato per primo la soglia della chiesa sarebbe stato ordinato vescovo.
Il giorno seguente, alle prime ore del mattino, S. Nicola, probabilmente per volere di Dio, si reca in chiesa, venendo così innalzato alla cattedra episcopale.
Impegnato, quindi, nel Concilio di Nicea (325 d. C.), si narra che durante il viaggio per Roma, abbia esclamato "Qui riposeranno le mie ossa".
A questo punto è opportuno fare un piccolo volo pindarico e arrivare alla primavera del 1087: siamo in piena iconoclastia.
Da Bari parte una spedizione commerciale, diretta alla fiera di Antiochia e promossa dalle ricche famiglie degli Efrem e dei Dottula. Questi mettono a disposizione le "caracche" (le grandi navi da trasporto) sulle quali salgono 62 marinai -capeggiati da Matteo-, tra i quali figurano anche due monaci. Prima di salpare alla volta di Antiochia, l’Abate benedettino di Bari, Elia, invita l’equipaggio a deviare per Myra, dove erano conservate le reliquie del Santo per trafugarle e salvarle dalla distruzione.
L’operazione era stata già tentata dai genovesi e dai veneziani, ma erano stati cacciati dai guardiani del sepolcro.
I Baresi, invece, giunti ad Antiochia, fanno salire a bordo due pellegrini di Gerusalemme, che conoscono bene Myra; una volta arrivati, li mandano in avanscoperta per scoprire il luogo dove riposa S. Nicola. La basilica, dove si trovano le ossa del santo è, però, sorvegliata da quattro custodi.
I marinai, fingendosi pellegrini, si recano alla chiesa implorando i guardiani di indicare loro la tomba per rivolgere una preghiera al santo, ma quelli, memori dell’episodio dei genovesi e dei veneziani, si rifiutano nonostante Matteo, brandita la spada, minacci di morte uno dei sorveglianti.
Tuttavia il segreto viene immediatamente svelato; infatti da una colonna cade un’ampolla di vetro, piena d’acqua, che non si infrange. I baresi intuiscono che si tratta di un segnale del santo che ha voluto indicare dove si trova la tomba. Rompono immediatamente una lastra marmorea che ricopre una vasca piena di liquido profumato (la Santa Manna), nella quale Matteo si tuffa per recuperare tutte le ossa.
Riusciti nell’impresa le trasportano, seppur con molte difficoltà, a Bari.
E’ il 7 maggio 1087 quando le caracche approdano al porticciolo di S. Giorgio; vi sostano anche il giorno seguente per consentire ai fedeli di rendere omaggio a S. Nicola.
Il 9 maggio ad accogliere le ossa del santo, trasferite quindi in città, c’è l’Abate Elia, in vece dell’arcivescovo Ursone.
Tanto Elia, quanto il popolo e i marinai, manifestano la volontà di costruire una basilica dedicata al Santo, contrariamente alle intenzioni di Ursone, deciso a custodirle nella cattedrale.
Iniziano i lavori di edificazione della nuova chiesa, che sorge nell’area della corte del Catapano, per la quale vengono distrutte cinque chiesette bizantine. I materiali di risulta sono così reimpiegati per la costruzione della cripta -in cui sono collocate le reliquie-, inaugurata nel 1089.

La Festa di S. Nicola

La città di Bari è indissolubilmente legata al nome di S. Nicola, onorato in due occasioni, durante le quali si svolgono particolari riti legati alla fede e alla tradizione popolare.
Al 6 dicembre, data in cui si rievoca la sua nascita e la sua morte, è associato il rito delle nubili: è ormai un’usanza che tutte le fanciulle in età da matrimonio si rechino ad assistere alla prima messa, celebrata alle 5 del mattino, cui segue il giro intorno alla cosiddetta "colonna miracolata", nella speranza di trovare marito entro l’anno.
Ma la tradizionale "festa patronale" ha luogo in primavera, in particolare nelle giornate del 7, 8, 9 maggio che celebrano proprio le giornate dell’arrivo, in città, dei marinai e della conseguente traslazione delle ossa.
In realtà, dal punto di vista propriamente religioso, i festeggiamenti hanno inizio il 28 aprile: per la città vecchia vengono condotte in processione le reliquie del santo.
Segue, poi, in basilica lo svolgimento di altre funzioni religiose che culminano proprio nelle succitate giornate di maggio.
Il 7 prevede l’arrivo dei pellegrini (ziazie), provenienti soprattutto da Abruzzo e Campania, devoti al santo. In passato era talmente forte il sentimento religioso che addirittura molti fedeli arrivavano a piedi e una volta giunti in prossimità del sagrato si inginocchiavano e procedevano fino alla cripta leccando il pavimento.
Il giorno 8, invece, si suole rendere omaggio al santo che si trova in mare: appositi barconi sono messi a disposizione dai pescatori per accompagnare i pellegrini desiderosi di rivolgere una preghiera a S. Nicola.
Ma il momento più toccante e singolare del culto nicolaiano prevede il prelievo della S. Manna dalla tomba del santo; dal 1980, il 9 maggio di ogni anno, festa della traslazione delle reliquie da Myra a Bari, la cittadinanza barese con la Comunità Domenicana, dopo la celebrazione eucaristica, si raccoglie in cripta intorno all’Arcivescovo per assistere in preghiera alla cerimonia condotta dal Rettore, il quale introducendosi sino a mezzo busto con la sonda all’interno del sacello, preleva con un sondino di gomma il liquido, fatto confluire in un’ampolla di vetro.
Anticamente i pellegrini, il cui arrivo scandiva la festa del patrono, erano ospitati dagli abitanti della città vecchia, i quali dando in affitto una stanza della propria casa avevano precorso, in un certo senso, i tempi del "Bed & Breakfast".
La tradizione, inoltre, prevedeva, allora come adesso, la preparazione di piatti tipici: primo fra tutti le seppie ripiene con contorno di patate. Ma altrettanto caratteristico l’assaggio, durante l’uscita serale in piazza, tra un gioco pirotecnico e l’altro, delle cozze crude accompagnate dal provolone (vedanze de Sanda Necole) o ancora del panino con mortadella e provolone (u cugne de Sanda Necole).

Curiosità

Chiunque abbia ammirato un ritratto o una statua di S. Nicola, avrà notato i suoi attributi: il pastorale, la mitra e il messale con tre sfere. Dal punto di vista propriamente religioso esse dovrebbero rappresentare le tre virtù teologali (fede, speranza, carità); ma nel substrato popolare le sfere simboleggerebbero il miracolo delle tre donzelle, in seguito al quale è divenuto il protettore delle fanciulle in età da matrimonio.
Giuntagli voce che tre brave fanciulle, assai povere, erano costrette dal padre alla prostituzione, recatosi per tre notti di seguito presso la loro abitazione, lanciò, attraverso una finestra della loro abitazione tre sacchetti pieni di monete d’oro, consentendo loro di sposarsi.
Ancora oggi si suole ricordare questo miracolo, regalando alle tre ragazze più bisognose della comunità la dote nuziale, nella giornata del 7 maggio, dopo la celebrazione eucaristica.
Come si evince da questo racconto il numero 3 è associabile al nostro patrono: infatti la giornata a lui dedicata è il mercoledì (terzo giorno della settimana); tre sono le dita che egli alza per impartire la benedizione, tre le caravelle partite da Bari. Il numero, poi, ricorre frequentemente nei suoi miracoli: oltre a quello delle donzelle, va ricordato anche quello dei 3 bambini.
Durante il concilio di Nicea, trovandosi in una trattoria per il pranzo ordinò della carne; addentandola si accorse che si trattava di carne umana. Andato nel retrobottega scoprì che la carne era posta in salamoia; levando le tre dita al cielo, in segno di benedizione, resuscitò i tre bambini ammazzati dall’oste.
Riconosciuto, quindi, come il santo dei bambini, egli è divenuto, nell’immaginario collettivo dei paesi nordici, la controfigura del tradizionale Babbo Natale: Santa Klaus. Associato, nell’immaginario collettivo, ad un rubicondo vecchio dalla fluente barba bianca, egli è accompagnato dal paziente asinello, carico di sporte di regali, e dall’irrequieto "uomo nero", impegnato a minacciare i più discoli, e gira di casa in casa per distribuire doni nella notte tra il 5 e il 6 dicembre.
La festa di Santa Klaus è un trionfo di luci, musiche, sapori, colori, ma tale patrimonio storico, culturale, folklorico resta sconosciuto (o semplicemente dimenticato!) proprio a Bari, la città-culla del santo.

(Il presente articolo è stato realizzato grazie al prezioso contributo di Michele Fanelli)

sabato 7 Maggio 2005

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