Tutto cambia affinché nulla cambi, diceva Tomasi di Lampedusa. Gattopardianamente è quello che potrà succedere alla Regione Puglia dove si profila l'ennesima sfida muscolare tra Vendola e Fitto.
A rompere il basso profilo ci ha pensato la scelta di Vendola di concorrere alle primarie del centrosinistra. Le velleità nazionali del governatore paradossalmente gli restituiscono il pallino della politica regionale, e costringono le coalizioni a giocare di rimessa rispetto alle decisioni del presidente di Terlizzi.
La sua candidatura alle primarie sarà di testimonianza ma gli permetterà di raccogliere una serie di rendite politiche ad altissimo impatto politico; le primarie come leva per galvanizzare un'area politica che chiede un'alternativa all'egemonia del Pd</strong>; le primarie come strumento per accreditare se stesso al tavolo dei "riformatori" del Porcellum; le primarie per confermarsi uomo forte del centrosinistra in Puglia.
Questo scenario dà la stura a tutti i partiti di interrogarsi sui profili più spendibili per lo scranno più alto di via Capruzzi.
A sinistra certo non ci si annoia e allo stato il ricorso alle primarie rappresenterebbe più una necessità da accettare che una pratica sincera.
La figura forte sembra infatti quella di Michele Emiliano. Il sindaco di Bari, stanco di minuetti e colpi bassi che senza soluzione di continuità, subisce la sua giunta e ne ledono l'immagine, vedrebbe in via Capruzzi il naturale proseguimento della sua esperienza amministrativa. Il suo nome, tuttavia, difficilmente riuscirebbe a scongiurare il rischio di frazionamento nel centrosinistra: alle ripetute polemiche con Vendola va infatti aggiunto il suo profilo da outsider rispetto alla nomenclatura dei partiti e a quella del Pd in particolare.
I rapporti tra il sindaco di Bari e i democratici sono da sempre improntati alla diffidenza reciproca impastata alla consapevolezza che ognuno ha bisogno dell'altro per proseguire l'esperienza di governo. Emiliano ha archiviato l'esperienza del Pd; il partito di contro ha nei suoi confronti un atteggiamento di machiavellico quieto vivere. Aldilà dei tatticismi, i democratici giocheranno la partita regionale con profili interni, come quello di Fabiano Amati, ex Margherita e uomo forte dell'attuale giunta in qualità di assessore ai lavori pubblici, o quello di Guglielmo Minervini, ex sindaco di Molfetta e "ambasciatore" storico di Vendola nel Pd.
E si torna al punto di partenza. A un nome, un cognome e un destino: Nichi Vendola. L'attuale governatore, uomo dal consenso forte e dal carisma resistente, potrà giocare a fare il "puparo" e sparigliare le velleità di Emiliano e del Pd lanciando nella mischia delle primarie di coalizione un uomo a sorpresa. Non un suo pretoriano, né un ortodosso, ma un manager con il profilo di Domenico Di Paola, presidente degli Aeroporti di Puglia e nome nuovo nella galassia politica vendoliana.
Il Pdl invece, almeno in apparenza, registra meno fermento e lascia come sempre a Raffaele Fitto l'imprimatur di sfogliare la margherita. I boatos vogliono in pole Sergio Silvestris, giovane eurodeputato Pdl, e uomo forte, insieme al coordinatore regionale Amoruso, dell'area tatarelliana degli ex aennini. L'alternativa alla sua candidatura potrebbe essere rappresentato dal riflesso al controcanto sistematico dell'area che fa capo a Gaetano Quagliariello e Alfredo Mantovano che, verosimilmente, potrebbero pescare nell'occasione ghiotta delle elezioni regionali la possibilità di rinnovare la politica del distinguo da Raffaele Fitto ed esprimere un nome di "area", magari proprio quello dell'ex sottosegretario agli Interni.
E se Fitto adottasse il metodo Vendola? Si vocifera infatti di avvicinamenti tra il deputato di Maglie e un noto giornalista per sparigliare le velleità litigiose del partito e al tempo stesso rinnovarlo.
Ecco quindi servito in salsa pugliese il gattopardo che tutto cambia affinché nulla cambi.