Politica

Legge regionale sulla famiglia: i cattolici non ci stanno

Antonio Scotti
Maria Basso: "Per tutelare i soggetti deboli non occorre riconsiderare il concetto di famiglia"
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Era il 6 febbraio quando la  giunta regionale approvò il disegno di legge sulle politiche sociali e la famiglia. Uno dei principali cavalli di battaglia della campagna elettorale di Nichi Vendola riusciva a trovare forma soltanto dopo una lunga discussione con i partiti dell’area cattolica-moderata della maggioranza. Ora è al tavolo della III commissione per la definizione del suo regolamento d’attuazione e, nonostante abbia incassato una serie di pareri favorevoli, non è mai mancata l’opposizione da parte di alcune associazioni cattoliche, che su questo fronte stanno dimostrando una mobilitazione di gran lunga superiore (almeno per quanto riguarda l’espressione verso i media) rispetto alle gerarchie ecclesiastiche.  Il no è arrivato dal Forum associazioni familiari, da Progetto per la vita, dal Coordinamento per la difesa della famiglia, dalle Suore discepole del Sacro Cuore, dall’associazione delle scuole cattoliche, dalla federazione dei consultori di ispirazione cristiana e da altre piccole o grandi realtà dell’area del laicato cattolico
Nel testo di legge si parla di estendere i servizi sociali destinati alla famiglie anche alle “unioni solidaristiche”. A detta di molti un vero e proprio  “escamotage linguistico” che vuole  le coppie di fatto  equiparate alle  famiglie  tradizionali.
Già al tempo dell’approvazione del disegno di legge, tra la giunta regionale e la Margherita erano sorti dei contrasti: i dielle chiedevano l’uso nel disegno di legge della parola famiglia, al singolare e non al plurale, e hanno preteso ed ottenuto l’eliminazione dal testo delle parole ’unioni di fatto’.
Quasi un gioco a scacchi fatto di piccoli passi e di tattiche sornione. Ma questa volta tutto sembra ruotare sul filo delle parole.
Dal Forum delle associazioni familiari è arrivata una critica all’articolo 22 (la norma che equipara coppie di fatto e famiglie tradizionali) e la proposta di un correttivo che verrà presentato ai consiglieri regionali affinchè sia formalizzato in emendamento: “Rispetto alla prima formulazione dell’articolo c’è già un miglioramento – afferma Maria Basso, vicepresidente regionale del Forum -che è dato dal riconoscimento dell’art.29 della Costituzione Italiana che, tra l’altro ed è bene ricordarlo tantè che lo proponiamo, riconosce i diritti della famiglia quale nucleo fondamentale della società e formazione sociale di primario interesse pubblico, indispensabile per la tutela della vita umana fin dal suo concepimento”.
Sulla possibilità di estendere i servizi alle “unione solidaristiche” la posizione del Forum è precisa:            “L’operazione di ridefinire la famiglia per tutelare i soggetti deboli è a parer nostro sbagliata- ribadisce Maria Basso- La nostra proposta è quella di destinare gli interventi ed i servizi sociali non solo alle famiglie tradizionali, ma anche ai nuclei di persone legati da vincoli di parentela, affinità, adozione, tutela e a tutte le altre situazioni di debolezza come ad esempio le donne gravide in condizioni di bisogno”. “Per questo -continua Maria Basso- non occorre riconsiderare il concetto di famiglia o parlare di unioni solidaristiche”.
Ma le coppie omosessuali? “Il legislatore regionale non può disporre in una materia in cui occorrerebbe, semmai, ridefinire l’intero diritto familiare nazionale. Tuttavia- ribadisce Maria Basso–  si sta cercando di formare una breccia attraverso la quale si vuole riconoscere coppie diverse da quelle familiari tradizionali”.

Tra coloro che invece hanno dato pieno assenso al disegno di legge figurano anche i rappresentanti dell’Unicef, delle cooperative sociali aderenti a LegaCoop, degli organismi di categoria degli assistenti sociali, dei sociologi e degli  psicologi.

domenica 14 Maggio 2006

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