Politica

Salario d’ingresso, intervista a Francesco Boccia

Antonio Scotti
L'assessore: "Eliminare la diffidenza tra imprese e giovani"
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Si chiama salario d’ingresso e non va confuso con gli altri strumenti d’intervento sul lavoro che enti locali e sindacati stanno in questi giorni proponendo per affrontare l’annoso problema della disoccupazione: il salario sociale e il reddito di ultima istanza.
Con il salario d’ingresso, proposto dal Comune di Bari, quasi 1000 giovani all’anno potranno entrare in una azienda effettuando uno stage di sei mesi.  Allo stesso tempo, questi percepiranno un reddito mensile di 850 euro, che verrà erogato dallo stesso ente.
L’obiettivo è di sedimentare questa professionalità permettendo, eventualmente, di poterla riconfermare con l’assunzione a tempo determinato o indeterminato.

Francesco Boccia, assessore all’economia del Comune di Bari, è l’ ideatore di questa proposta e con lui abbiamo cercato di approfondire l’argomento, chiedendo anzitutto una spiegazione  in merito ai dati Istat sull’occupazione.

– Assessore, secondo lo studio Istat in Puglia nonostante si sia verificato un decremento della disoccupazione dal 16.9% al 15.5%, la disoccupazione giovanile (dai 15 ai 24 anni) è aumentata del 1.6%. Come lo strumento del salario d’ingresso può, nell’esperienza barese, costituire una alternativa nelle politiche attive del lavoro?
Alcune settimane fa, nella fabbrica di programma di Prodi, ho ricordato che il  mezzogiorno italiano   è minoranza su tutto, tranne che nella disoccupazione: apportiamo, infatti,  il 75% dei disoccupati italiani avendo il 40% del territorio e 35% della popolazione. Come lei diceva questo numero è concentrato soprattutto tra i giovani e per questo io e Michele Emiliano abbiamo deciso di utilizzare le diagnosi che i centri di ricerca hanno realizzato, concentrandoci su alcuni strumenti come il salario d’ingresso.

– Perché il salario d’ingresso?
Si sono voluti superare le asimmetrie tra domanda e offerta di lavoro,  perché riteniamo che nonostante tutto ci siamo aziende in grado di intercettare nuovi talenti. Salario d’ingresso anche per dare una risposta alla disoccupazione giovanile che, purtroppo, i sindacati molto spesso si dimenticano di tutelare concentrando l’attenzione solo su chi è gia nel mondo del lavoro.
Noi siamo disposti a finanziare incroci tra domanda e offerta di lavoro tutelando in particolare i giovani disoccupati, che a volte sono oggetto di diffidenza da parte delle imprese.

– In concreto su quali risorse si attingerà  e quali sono i tempi dell’attuazione?
La sperimentazione  la iniziamo con la gestione finanziaria.  Noi  abbiamo ereditato un debito mal gestito. Tuttavia siamo riusciti, mediante un minor costo sugli interessi da pagare per un debito davvero oneroso, ad ottenere un risparmio oggettivo di circa un milione e mezzo di euro e che intendiamo dirottare sulle politiche attive del lavoro.

– E dopo la sperimentazione?

Per dopo stiamo lavorando sulle rivalutazioni catastali che non rappresentano un aumento della tassazione, ma un aumento della perequazione. I valori catastali sono fermi al 1990 e pertanto abbiamo deciso di aumentare le basi imponibili Ici non solo in funzione dei metri quadrati di cui  una persona dispone per vivere, ma anche in relazione a quanto guadagna, a quanto consuma  e solo dopo ai metri quadrati della sua abitazione. E’ improponibile che una famiglia che abita al San Paolo, poniamo in una situazione economica poco felice, paghi tanto quanto una famiglia, magari più facoltosa, che vive in corso Vittorio Emanuele. Siccome sono convinto che in questa maniera si potrà avere maggior gettito, anche per quanto riguarda la lotta all’evasione, tale aumento permetterà sia di ridurre il carico per i meno abbienti sia di destinare il resto per sostenere gli stage e in generale le politiche attive del lavoro.

– Ma tutte le tipologie di aziende e tutte le figure professionali potranno accedere questo strumento?
 Noi iniziamo con il manifatturiero e quindi con l’industria e con l’artigianato. Le figure lavorative saranno comprensive sia di quelle a bassa scolarizzazione sia di quella ad alta scolarizzazione come ad esempio i laureati.

– Ritiene fattibile la proposta di Nichi Vendola  riguardo l’immissione di un  salario sociale ovvero di un salario che tuteli non soltanto i giovani disoccupati ma anche quelli precari e in cerca di prima occupazione?
In questo momento le leggi regionali in circolazione in Italia portano a dire che questo strumento sia più che altro un sussidio utile alla povertà non al lavoro. Comunque è sicuramente uno strumento di
per sé valido. Se la regione Puglia dovesse normarlo, noi lo utilizzeremo. Io penso che non ci sia un essere umano che possa essere contrario a questo strumento, però il problema è da dove prendere le risorse e soprattutto capire  se oggi avere un sussidio possa, da solo, incentivare alla ricerca di un lavoro.

giovedì 7 Luglio 2005

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